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Infinità d’amore ~ John Donne

Se ancor non ho tutto l’amore tuo,
cara, giammai tutto l’avrò;
non posso esalare un altro sospiro per intenerirti,
né posso implorare un’altra lacrima a che sgorghi;
ormai tutto il tesoro che avevo per acquistarti
– sospiri, lacrime, e voti e lettere – l’ho consumato.
Eppure non può essermi dovuto
più di quanto fu inteso alla stipulazione del contratto;
se allora il tuo dono d’amore fu parziale,
si che parte a me toccasse, parte ad altri,
cara giammai tutta ti avrò

Ma se allora tu mi cedesti tutto,
quel tutto non fu che il tutto di cui allora tu disponevi;
ma se nel cuore tuo, in seguito, sia stato o sarà
generato amor nuovo, ad opera di altri,
che ancor possiedono intatte le lor sostanze, e possono di lacrime,
di sospiri, di voti, di lettere, fare offerte maggiori,
codesto amore nuovo può produrre nuove ansie,
poiché codesto amore non fu da te impegnato.
Eppur lo fu, dacché la tua donazione fu totale:
il terreno, cioè il tuo cuore, è mio; quanto ivi cresca,
cara, dovrebbe tutto spettare a me.

Tuttavia ancor non vorrei avere tutto;
chi tutto ha non può aver altro,
e dacché il mio amore ammette quotidianamente
nuovo accrescimento, tu dovresti avere in serbo nuove ricompense;
tu non puoi darmi ogni giorno il tuo cuore:
se puoi darlo, vuol dire che non l’hai mai dato.
IL paradosso d’amore consiste nel fatto che, sebbene il tuo cuore si diparta,
tuttavia rimane, e tu col perderlo lo conservi.
Ma noi terremo un modo più liberale
di quello di scambiar cuori: li uniremo; così saremo
un solo essere, e il Tutto l’un dell’altro.

Cos’è l’amore?

L’ho chiesto a molti…
Mi è stato detto che l’amore è il sentimento più forte del mondo, il sentimento che lo fa muovere, che lo fa giare. Mi è stato detto che l’amore è un qualcosa di appiccicoso, qualcosa che attacca due persone, e può essere un bene nel senso che quei due resteranno sempre insieme, così come può essere un male perchè nello stare sempre attaccati uno dei due, prima o poi, potrà anche scocciarsi e cercare un solvente per scappare via lontano. Mi è stato detto che l’amore è la cosa peggiore che ad un ragazzo possa capitare. Mi è stato detto che l’amore è una brutta bestia… una medaglia con due volti.
Mi sono state dette un sacco di altre cose… così tante che ora non le posso ricordare tutte, così tante che non entrerebbero mai in questo piccolo blog.

Chi seguire? A chi credere? Su quale teoria appoggiarsi? Tutte? Nessuna?
Io credo che ognuno debba farsi una propria idea dell’amore…
Credo che ognuno debba provarlo sulla sua pelle per poter dire cos’è…
Credo che ognuno debba soffrire per amore…
Credo che ognuno, dopo aver sofferto, debba guardare le proprie ferite ed insegnarle a qualcun altro…

Amore è:
Quando ti svegli la mattina con pensiero fisso…
Quando guardi quella sveglia e ti torna in mente quella persona…
Quando apri l’armadio e vedi quel peluche ancora sorridente che ti guarda contento…
Quando indossi quel braccialetto e quella collana che ti ricordano sempre la stessa persona…
Quando ti metti l’orologio e vedi che non rispecchia la tua immagine ma quella di una certa persona…
Quando ti metti le scarpe e pensi a quella persona…
Quando esci di casa e conti i minuti che mancano per incontrare quella persona…
Quando ogni canzone che ascolti è in qualche modo collegata a quella persona…
Quando mangi, giochi, viaggi, corri, siedi, parli, litighi, dormi, sogni, hai sempre la stessa persona davanti agli occhi…
Quando non fai altro che pensare a quella persona…
Quando le parole „quella persona“ ti rimbombano talmente tanto nella testa da non riuscire a pensare ad altro…

Ma non è tutto qui… Amore è:
Quando ti svegli la mattina lacrimante con un pensiero fisso…
Quando guardi triste quella maledetta sveglia in cui i minuti scorrono sempre più lenti, come se volesse fartelo apposta…
Quando apri l’armadio e vedi che il peluche è caduto o si è persino girato di spalle per non guardarti in faccia da quanto fai schifo…

Quando lanci quel braccialetto e quella collana che ti ricordano sempre la stessa persona sul peluche girato…

Quando ti metti l’orologio e vedi che rispecchia la tua stessa faccia che ti deride sghignazzando e prendendoti in giro…
Quando ti metti le scarpe e ti stanno sempre più strette…
Quando esci di casa e conti i minuti che mancano per tornare a letto e non pensare più a quella persona…
Quando ogni canzone che ascolti è in qualche modo collegata a quella persona e l’unica cosa che vorresti fare è piangere fino a finire ogni goccia d’acqua e sale che hai in corpo…
Quando non mangi, non giochi, non viaggi, non corri, non siedi, non parli, non litighi, non dormi, non sogni, perché hai sempre la stessa persona davanti agli occhi e ti passa la voglia di far tutto.
Quando non fai altro che pensare a quella persona piangendoti addosso.
Quando le parole „quella persona“ ti rimbombano talmente tanto nella testa da iniziare ad odiarle e allo stesso tempo a temere che smettano di rimbombare per timore di perderle per sempre.

Tutto questo è amore, l’amore vero. Non c’è rosa senza spine.
Proprio per questo il simbolo dell’amore per antonomasia è la rosa…
Per poter dire „ho amato“ bisogna prima aver detto „ho sofferto“… non si scappa a questo… è una regola di vita.

Non c’è rosa senza spine, non c’è spina senza sangue, non c’è sangue senza dolore, non c’è dolore senza sofferenza, non c’è amore senza spine, sangue, dolore e sofferenza.
Ma allora perché? Perché tutti vogliono amare?

Perché ogni essere vivente non ha altro scopo se non quello di trovare l’altra metà della mela? Perché tutti vogliono arrampicarsi su una rosa?

La risposta è che una volta essersi arrampicati su per la rosa, una volta aver perso tutto quel tempo per risalire tutto il gambo, una volta essersi feriti lievemente o in profondità durante la scalata per le sue migliaia di spine… si riesce ad arrivare in cima, si riesce a raggiungere i petali chiusi, e una volta lì te ne freghi delle ferite, te ne freghi del dolore e della sofferenza che hai passato, te ne freghi di quello che senti, l’unico tuo pensiero è quello di usare tutte le tue ultime forze rimaste per aprire quei petali. Ti sforzi, usi tutte le tue energie, non t’importa di soffrire… non t’importa della sofferenza… non t’importa di morire.
Perché sai… lo sai che una volta aperto quel fiore, una volta riuscito ad aprire e spiegare ogni petalo… potrai posarti al suo centro e distenderti su di esso, potrai riposarti e recuperare le forze, potrai accarezzare quei lisci e caldi petali rossi, potrai respirare solo ed unicamente il suo profumo… potrai rimanere lì immobile fino a quando non si sarà richiuso con te dentro, fino a quando non diventerai tu stesso parte della rosa.

Solo allora si raggiunge la felicità… solo allora si raggiunge l’amore.

Ma nella vita si sa che non può essere tutto semplice. Nella realtà si sa che non tutto va sempre bene.
Odio la realtà.

Una spina potrebbe essere troppo grossa da superare…
Una ferita potrebbe essere troppo profonda per farti continuare…
Un colpo di vento potrebbe farti cadere proprio quando sei quasi in cima…
I petali potrebbero rifiutare di aprirsi…
La rosa potrebbe appassire…

E allora ti ritroveresti solo, sempre più solo, vicino ad una rosa morente senza più calore, senza nessun altro posto dove andare, senza riuscire a pensare di poter scalare un’altra rosa, perchè sarebbe troppo doloroso…
E allora stai lì: aspetti che piova, aspetti che arrivi la primavera, aspetti un miracolo, aspetti una qualsiasi cosa possa ridar vita a quella rosa, pur sapendo che magari non sarà mai bella e rigogliosa come prima

… ma sarà pur sempre la tua rosa.

Distanziarsi

Penso che quando si arriva al punto che ci si irrigidisce e le emozioni si gelano dentro, è perchè si ha paura. Si elimina il coinvolgimento, per non sentire dolore e allora, ci si distanzia, non si partecipa, e quel gelo si trasmette anche fuori di sè, agli altri.

Lo sto osservando intorno a me. Ed è orribile trovarsi davanti a persone che in modo innaturale, restano lontane dal coinvolgimento emotivo. Non dico che sia sempre così, ci sono circostanze in cui il coinvolgimento non c’è, non esiste, ma in certi casi specifici, ci si rende conto, che quell’apatica mancanza di emozioni, che ti fa pensare di essere lontana dalla persona e dal problema, non sia altro che paura.

Ed è proprio in queste circostanze che si reprime. E magari ci si crede davvero. Però lascia il tempo che trova, questo sforzo sovrumano. I pensieri cercano di emergere, di uscire, e basta pochissimo per farti trovare scombussolato. Ti rendi conto che il controllo non è possibile sempre, hai sentori dentro, di qualcosa che si muove. Poi ci si arrende e tutto riemerge automaticamente. Credo lo si faccia per evitare in qualche modo la sofferenza.

Io non scelgo questo modo. Le rare volte che accade di sentirmi apatica è perchè lo cerco volutamente per poter riposare, ma sono pienamente cosciente che è solo per un momento. Poi, tutto ritornerà esattamete come prima.

Non mi piace neppure stordirmi con corse inutili per evadere, impegnandomi in mille cose per tenere lontana la mente. Lo fanno in molti, e infatti questo genere di persone non emana tranquillità. E non crea mai rapporti intensi e profondi. La profondità richiede coinvolgimeto emotivo. Ci si rende conto quindi facilmente che sono distratti, lontani e incapci di trasmettere belle sensazioni.

Preferisco sporcarmi la mani e risolvere, quando si rende necessario. Non mi sento a mio agio con persone troppo distratte a causa delle loro paure. E neppure in quelle discordanze di sentimenti che depistano. Credo che per sotterrare davvero, ci debba essere un cadavere. Non si può riuscire a fare il funerale a qualsiasi cosa che ancora viva. E neppure piangere un vivo come morto. a meno che dentro ci sia la reale convizione che tutto sia davvero finito. Allora risulterà la cosa più semplice del mondo, perchè le emozioni non saranno coinvolte, e quindi, non si dovrà reprimere proprio un bel niente!

L’intuizione di una donna è più vicina alla verità della certezza di un uomo. J.Conrad